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Imprenditore fallito conseguenze personali ed economiche

Imprenditore fallito conseguenze

Vediamo cos’è il fallimento e cosa succede a seguito del fallimento delle società e delle imprese

A seguito della sentenza che dichiara di fallimento della propria attività, l’imprenditore si trova ad affrontare una serie di effetti sul piano personale, ma anche su quello economico (per risarcire i creditori) e sul piano processuale (nei confronti dei rapporti giuridici preesistenti) che sono ben espressi nel Capo III del Titolo II della Legge fallimentare. In questo articolo parleremo dell’imprenditore fallito conseguenze prendendole in esame nel dettaglio.

Il fallimento

Prima di parlare dell’imprenditore fallito conseguenze, definiamo il fallimento. Il dizionario giuridico dice che si tratta di una procedura concorsuale liquidatoria che viene attuata in caso di insolvenza da parte dell’imprenditore al fine di accertarne l’impossibilità di ripagare i propri debiti e la situazione debitoria complessiva.

Lo scopo finale è quello di liquidare totalmente il patrimonio dell’imprenditore per poter risarcire i vari creditori. Il fallimento trova la propria disciplina nel Regio Decreto numero 267 del 1942, meglio noto come Legge Fallimentare.

Imprenditore fallito conseguenze patrimoniali: lo spossessamento

A seguito del fallimento, il tribunale priva l’imprenditore dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni e nomina un curatore fallimentare che si occuperà di liquidare il patrimonio del fallito provvedendo a ripagare tutti i creditori secondo la par condico creditorum, come previsto dall’articolo 42 della Legge Fallimentare.

Per l’imprenditore fallito conseguenze gravi si ripercuotono sulla sua sfera economica, a partire dal concetto di “spossessamento” che decorre dalla data della pubblicazione della sentenza di fallimento e lo priva a tutti gli effetti dei diritti sul proprio patrimonio.

Lo “spossessamento” riguarda tutti i beni dell’imprenditore fallito, compresi quelli acquistati nel corso della procedura fallimentare e quelli in possesso del fallito ma di proprietà di terzi. L’articolo 46 della Legge Fallimentare dice che non sono compresi nel fallimento:

  • i beni e i diritti di natura strettamente personale
  • gli assegni di carattere alimentare come gli stipendi, le pensioni e i salari che l’imprenditore guadagna con la sua attività, entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia
  • i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli e del fondo patrimoniale
  • le cose che non possono essere pignorate, come disposto dalla Legge

Imprenditore fallito conseguenze personali

Per l’imprenditore fallito conseguenze piuttosto invasive sono previste anche dal punto di vista personale dal momento che a seguito della sentenza viene privato a tutti gli effetti del segreto epistolare. L’imprenditore ha infatti l’obbligo di:

  • consegnare al curatore fallimentare la propria corrispondenza, lavorativa e non strettamente personale, sia cartacea che elettronica, mostrando tutto quello che ha a che fare con i rapporti societari, con i creditori e con il fallimento (mantenendo comunque il diritto alla corrispondenza e alla sua ricezione);
  • comunicare al curatore fallimentare eventuali cambi di residenza o domicilio (articolo 49 comma 1 della Legge Fallimentare);
  • consegnare al curatore tutte le scritture contabili, gli elenchi dei creditori e i bilanci entro 3 giorni dalla dichiarazione di fallimento.

Imprenditore fallito conseguenze processuali

La dichiarazione di fallimento ha, sin da subito, effetti anche sul piano processuale: tutti i processi che riguardano i rapporti rientranti nel fallimento vengono interrotti, il fallito non è legittimato ad intraprendere nuovi giudizi e non può più stare a giudizio neanche nelle controversie preesistenti.

Al suo posto, secondo il volere del giudice, è legittimato il curatore fallimentare, il quale potrebbe chiedere di considerare nulli gli atti di disposizione del patrimonio precedenti alla dichiarazione di fallimento qualora compromettessero i creditori.

L’articolo 43 della Legge Fallimentare prevede però che “il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico se l’intervento è previsto dalla legge.”

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