L’imprenditore (o la società) che, dopo essere stato dichiarato fallito attraverso la sentenza dell’autorità giudiziaria, mette in atto comportamenti illeciti atti a trarre un vantaggio personale celando le proprie consistenze patrimoniali ai creditori, commette il reato di bancarotta. In base al tipo di manovra che viene compiuta e alle intenzioni con cui l’illecito viene commesso, la Legge distingue tra bancarotta semplice, commessa con colpa per negligenza o imprudenza, e bancarotta fraudolenta, compiuta con dolo. Quest’ultima, a sua volta, si divide in: bancarotta fraudolenta per distrazione (o patrimoniale), documentale e preferenziale.
Questa divisione si deve al diverso tipo di comportamento che viene messo in atto dall’imprenditore per sottrarre il suo patrimonio a tutti o solo ad alcuni dei creditori:
Dice la norma:
“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
In merito alla condotta, sempre messa in atto con precisa intenzione, possiamo distinguere diverse manovre illecite atte a negare le garanzie patrimoniali dei creditori:
La bancarotta fraudolenta per distrazione è un reato di mero pericolo, per configurare il reato, cioè, non occorre la prova della condotta dell’imprenditore ai danni dei creditori. Il soggetto attivo è l’imprenditore commerciale e l’elemento soggettivo è il dolo generico: per configurare la bancarotta patrimoniale, infatti, non è necessario il voler danneggiare i creditori o la conoscenza del proprio stato d’insolvenza, basta che ci sia la precisa volontà di utilizzare il proprio patrimonio economico in modo diverso dal dovuto, ossia ripagando i debiti contratti.
Il bene giuridico che si intende tutelare è l’interesse dei creditori, la procedibilità è d’ufficio e la pena prevista è la reclusione da 3 a 10 anni con alcune aggravanti:
Pur essendo la bancarotta fraudolenta per distrazione un reato proprio, ai sensi dell’articolo 223 della Legge Fallimentare, la stessa pena prevista per l’imprenditore vale anche per l’amministratore, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società dichiarate fallite. La prescrizione scatta dopo 10 anni dalla sentenza.
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