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Traffico di influenze illecite e millantato credito: esclusa la continuità normativa

Dietro la sentenza: motivazioni della Corte di Cassazione sul traffico di influenze illecite

In un caso specifico, esaminato dalla sesta sezione penale della Corte di Cassazione, è stata analizzata la riformulazione del reato di traffico di influenze illecite, che ora estende la punibilità anche alla vittima coinvolta. Questo cambiamento normativo ha influito sull’interpretazione del millantato credito, considerando le nuove definizioni e il loro contesto costituzionale.

In particolare, la Corte ha esaminato la parola “pretesto” usata per descrivere comportamenti truffaldini nell’articolo 346 comma II c.p. e ha concluso che non può essere sovrapponibile al vanto di relazioni asserite come specificato nel novellato articolo 346 bis C. La decisione riflette un approccio che privilegia il principio di offensività, osservando che tali condotte ingannevoli, pur essendo aggressive a livello patrimoniale per il privato acquirente, non configurano un danno reale alla pubblica amministrazione, data l’assenza di un collegamento diretto con gli interessi tutelati dalla legge.

Questa sentenza specifica, quindi, chiarisce e limita l’ambito di applicazione del traffico di influenze illecite, distanziandolo dal millantato credito.

Limiti dell’applicabilità del traffico di influenze illecite

Proseguendo con l’analisi della decisione della Corte di Cassazione, si evidenzia che, in seguito all’accentuazione della connotazione decettiva del termine “pretesto”, è stata adottata un’interpretazione restrittiva del concetto di “relazioni asserite”. Con questa interpretazione, la Corte ha specificato che rimangono escluse dall’applicazione dell’articolo 346 bis CP le situazioni in cui un sedicente mediatore prospetta la possibilità di corruzione solo per indurre il privato a consegnare denaro, mirando così a un vantaggio patrimoniale indebito. Queste condotte non sono considerate idonee a compromettere l’imparzialità o il buon andamento della pubblica amministrazione, risultando quindi irrilevanti per il reato di traffico di influenze illecite come riformulato dalla legge.

Questa parte della sentenza serve a chiarire ulteriormente i confini tra l’agire ingannevole del singolo e le vere minacce all’integrità della pubblica amministrazione, sottolineando l’importanza di collegare direttamente l’azione illegale con un danno concreto agli interessi pubblici per configurare il reato.

Come identificare il traffico di influenze rispetto al millantato credito

Nel dettaglio del suo verdetto, la Cassazione ha chiarito che la disposizione dell’articolo 346 CP non può essere equiparata al traffico di influenze illecite, specialmente in un caso dove la persona offesa è stata vittima di una truffa organizzata dall’imputato.

La struttura del delitto di cui all’articolo 346 bis del Codice penale è stata interpretata come un reato accordo, caratterizzato dalla natura plurisoggettiva, con l’obiettivo di prevenire violazioni all’imparzialità e al buon andamento dei pubblici uffici. Questa interpretazione sostiene che tutti i partecipanti al reato, compresi i privati “compratori”, sono considerati concorrenti, trasformando il precedente reato monosoggettivo in un contesto di coinvolgimento più ampio e bilanciato nel quadro del nuovo articolo 346 bis CP.

Il ruolo del pretesto nelle condanne per traffico di influenze illecite

Dopo aver stabilito questi principi, la Corte ha esaminato il ruolo del “pretesto” nelle situazioni di traffico di influenze illecite. È emerso che non sarebbe giustificabile penalizzare il privato che, ingannato dalla condotta truffaldina dell’altro, partecipa involontariamente al reato.

La Corte, facendo eco alla dottrina dominante, ha sottolineato che la vendita di un’influenza inesistente, che induce il compratore in errore, si allinea più strettamente al paradigma della truffa piuttosto che al mercato di un’influenza reale che danneggia concretamente l’imparzialità e il buon andamento amministrativo.

Conclusioni giuridiche: da traffico di influenze illecite a truffa aggravata

La decisione della Cassazione ha evidenziato che, relativamente alle “relazioni asserite” o alla vanteria di tali relazioni, queste non devono essere interpretate come tentativi di acquistare un’influenza reale su un agente pubblico, ma piuttosto come la proiezione di una possibile relazione futura, che non concretizza una vera minaccia alla pubblica amministrazione.

La distinzione tra il pagamento basato sull’inganno e il pagamento fondato sulla certezza di un’influenza effettiva è cruciale per la corretta applicazione della legge. In conseguenza, la Corte ha riqualificato il comportamento contestato come truffa aggravata, determinando l’annullamento della sentenza precedente e il rinvio per la sola determinazione della pena a un’altra sezione della Corte d’appello di Roma. Questo chiarimento normativo serve a proteggere la legittimità costituzionale della legge, assicurando che le pene siano proporzionate alla natura e al contesto dell’azione criminale.

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