Sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare di Lecco
Si segnala la seguente pronunzia del Giudice dell’Udienza Preliminare di Lecco per la peculiare ed illuminata applicazione delle regole di giudizio che governano l’epilogo dell’udienza preliminare, con particolare riferimento a quella stabilita ex art. 425, III comma, C.P.P., che impone la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere se e quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.
In medias res a fondare l’ipotesi preliminare di accusa rilevava esclusivamente l’apporto fornito dalla denunziante.
La tesi difensiva perorata dall’Avv. Lorenzo Magnarelli in favore del noto imprenditore lecchese attinto da tale ipotesi, ha illustrato, anche mediante il contributo fornito dal consulente tecnico ad hoc nominato, come tale apporto fornito dalla denunziante, in realtà, sia stato caratterizzato da elementi che, seppur fissati su supporto informatico, erano, in realtà, spuri poiché sforniti della prova dell’esistenza della catena di passaggio dai relativi originali ai files ipostatizzati su tale supporto informatico.
In particolare, infatti, tale aporia germinava dalla mancata acquisizione del device utilizzato per creare tali files.
Ed, infatti, è la tecnica propria di altro settore dello scibile che si pone a servizio del procedimento penale e che insegna come il file senza il device che lo ha creato non possa essere considerato un elemento attendibile.
Soltanto l’interazione tra file e device, quindi, prova la cd. catena di custodia idonea a certificare come e quando il file sia stato creato e se vi sia differenza nello stesso tra il momento della creazione ed il successivo momento dell’estrapolazione.
Non solo, tale estrapolazione deve essere acquisita con strumentazione specifica forense che impedisca l’alterazione e crea i sigilli Hash a garanzia della verità.
Il Giudice dell’Udienza Preliminare di Lecco, quindi, valorizzando tali argomenti veicolati dalla Tesi Difensiva, nel relativo contesto fattuale, ha ritenuto che gli elementi introdotti dalla denunziante siano stati non del tutto genuini, con conseguente individuazione dell’assenza di ragionevole previsione di condanna che, ex art. 425, III comma, C.P.P., ha giustificato la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere in favore dell’imprenditore.