La crisi di liquidità rileva quale sopravvenuta ed obiettiva condizione di impossibilità ad adempiere e si pone, quindi, come fattore di determinazione di una opzione comportamentale obbligata, ossia, la forza maggiore, oppure, come causa di esclusione del rimprovero doloso o, in ulteriore subordine, come prova della mera colpa.Tale condizione può sopravvenire rispetto al momento della dichiarazione dell’I.V.A ed è rilevante nel momento relativo al versamento del rispettivo importo.
Pertanto, la condotta omissiva che si sostanzi nella non effettuazione del relativo versamento non è orientata dall’elemento soggettivo chiesto dal tipo legale ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000, poiché carente del solo nesso psichico, oppure del dolo in tutta la propria estensione o, eventualmente, caratterizzata soltanto dalla presenza di mera colpa nella gestione delle risorse, comunque inidonea a costituire il veicolo dell’elemento soggettivo chiesto dai tipi legali suindicati.
Per tali ragioni, i risvolti giuridici di tale sopravvenuta ed obiettiva condizione di impossibilità ad adempiere investono la questione del contenuto volitivo del dolo in ordine ai tipi legali in ipotesi di accusa.
In particolare: il contenuto volitivo del dolo è costituito dall’innervarsi della volontà attraverso una definitiva e consapevole scelta contraria a quella che l’ordinamento ritiene doverosa. In ordine ad un tipo legale veicolante una fattispecie omissiva, così come si verifica per l’ipotesi ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000, per verificare se sussista tale definitiva e consapevole scelta occorre analizzare i momenti che caratterizzano il relativo elemento oggettivo.
Rilevano, quindi, due momenti:
– il momento in cui vengono posti in essere i presupposti della condotta;
– il momento in cui è necessario tenere la condotta doverosa.
Ora, per il tipo legale ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000:
Operata tale premessa, occorre un successivo riferimento alla nota sentenza n. 1085/1988 della Corte Costituzionale.
Mediante tale sentenza la Corte Costituzionale ha risolto, proprio in punto di elemento soggettivo, i problemi circa i confini tra il furto comune ed il furto d’uso.
La Corte ha stabilito che se nel momento in cui vi è lo spossessamento l’agente ha volontà di restituire il bene di cui si impossessa e non vuole realizzare, quindi, una stabile appropriazione del bene mobile altrui, ma la mancata successiva restituzione si verifica a causa di una sopravvenuta ed obiettiva condizione che impedisce la restituzione, il soggetto non agisce con il dolo del furto comune, bensì con l’elemento soggettivo del meno grave furto d’uso.
Orbene, applicando tale schema anche al tipo legale ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000, proprio al fine di evincere la configurabilità per tale delitto dell’elemento soggettivo nel caso in cui al momento del versamento sopravviene una condizione obiettiva di impossibilità ad adempiere.
Orbene, se al momento della effettuazione della dichiarazione dell’I.V .A l’agente agisce rappresentandosi di poter versare l’ I.V.A nel termine fissato, ma, successivamente, sopravviene una condizione obiettiva di impossibilità a versare l’I.V.A, difetta nella condotta dell’agente l’elemento del dolo, poiché, tale condizione esclude o il nesso psichico, se dovuta a forza maggiore, o il dolo in tutta la propria estensione oppure, in subordine, configura una colpa nella gestione delle risorse che implica l’assenza delle stesse al momento del versamento dovuto che, comunque è inidonea a configurare l’elemento soggettivo del tipo legale ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000.
Quindi, dal momento che ciascuno degli elementi oggettivi veicolati da tale tipo legale è caratterizzato da due momenti, come suindicato, al fine di verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo sarà opportuno analizzare anche il primo di tali momenti, ossia, quello in cui vengono posti in essere i presupposti della condotta e non soltanto il secondo degli stessi, ossia, quello relativo all’esecuzione della condotta doverosa.
Pertanto, difetta l’elemento soggettivo se, nel primo momento, l’agente vuole adempiere ma, a causa di una condizione obiettiva di impossibilità ad adempiere sopravvenuta, nel secondo momento, lo stesso non adempie.
L’argomentazione difensiva sin qui svolta, da me ideata, è stata da me prospettata in tesi difensiva con riferimento ad un noto caso di rilevanza nazionale definito con sentenza di assoluzione da parte del Giudice di Primo Grado con formula “il fatto non costituisce reato” per l’assenza dell’elemento soggettivo chiesto dal tipo legale ex art. 10-ter D.Lgs 74/2000. La relativa pubblicazione si trova su archiviopenale.it.
Recentemente, il Supremo Consesso è tornato sul tema mediante la sentenza pronunciata dalla Terza Sezione Penale in data 21.03.19 e depositata in data 29.05.19.
In particolare, il Supremo Consesso ha stabilito che la crisi di liquidità esclude la colpevolezza del contribuente se è dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.
Ed, inoltre, sempre nel medesimo contesto, la Corte di Cassazione ha precisato che, quando l’omesso versamento dell’IVA dipenda dal mancato incasso dell’IVA stessa per altrui inadempimento, è necessario provare i motivi che abbiano indotto l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo.