Il mandato di arresto europeo è un atto giudiziario (fondato sul principio di fiducia reciproca interna all’UE) che uno degli stati membri dell’Unione Europea emette in caso di arresto di un imputato per chiederne una sorta di estradizione semplificata affinché possa essere esercitata l’azione penale prevista. Si tratta di un tentativo di creare uno “spazio di giustizia” capace di superare la normale cooperazione tra gli stati membri, proponendosi di trattare il provvedimento giudiziario di un altro Stato come quello corrispondente emesso dal proprio ordinamento.
Il MAE è nato per garantire una reale cooperazione giudiziaria penale tra gli Stati (sorpassando il frazionamento delle attività criminali nelle diverse nazioni) a seguito della globalizzazione che, lasciando agli individui la possibilità di muoversi liberamente nel territorio dell’Unione Europea, ha favorito l’internalizzazione del crimine.
La competenza è della Corte d’Appello del distretto in cui l’imputato risiede nel momento in cui l’atto viene ricevuto dall’Autorità Giudiziaria, qualora non si possa determinare un distretto di residenza, la competenza è della Corte d’Appello di Roma. Nel caso mandati di arresto europei riferiti a più soggetti con domicili diversi, la competenza sarà del distretto in cui risiedono più soggetti.
La Legge 69/2005 ha sostituito la precedente semplificando, almeno nei confini dell’Unione Europea, l’ordinaria procedura di estradizione (che comunque risulta ancora valida in caso di reati commessi nel periodo antecedente all’entrata in vigore della Legge):
Il mandato di arresto europeo è uno strumento giudiziario che ha funzione esecutiva o processual-cautelare che non ha finalità istruttorie. Il MAE viene emesso a seguito di una decisione giudiziaria estera. Affinché questo possa essere espletato occorre che sussistano determinati requisiti:
La consegna dell’imputato è subordinata a tre tipi di garanzie:
La Legge prevede due procedure di consegna distinguendo tra lo Stato emittente (chi emette il MAE) o lo Stato di consegna (chi lo riceve e lo deve attuare), quella attiva e quella passiva. La procedura di esecuzione attiva riguarda la richiesta che uno Stato dell’Unione Europea fa di avere un imputato nel proprio territorio; la procedura di esecuzione passiva riguarda invece la richiesta di consegna ad uno degli Stati dell’UE.
Quando è l’Autorità giudiziaria italiana a richiedere la consegna di un imputato a uno degli Stati Membri dell’Unione Europea parliamo di procedura attiva. In questo caso ad emettere il MAE può essere il giudice che ha emesso la condanna oppure il Pubblico Ministero.
Una volta emesso il mandato di arresto europeo, viene trasmesso al Ministro della Giustizia che provvederà a tradurlo nella lingua dello Stato di esecuzione per poi inoltrarlo all’Autorità competente. Nel caso in cui è ignoto lo Stato nel quale risiede il ricercato, il MAE viene trasmesso al SIS, Sistema di Informazione di Schengen. Qualora il provvedimento per il quale viene emesso il mandato viene revocato, anche il MAE perde di efficacia. In questo caso il Procuratore Generale della Corte d’Appello lo comunica subito al Ministero della Giustizia perché venga avvisato anche lo Stato di esecuzione.
Parliamo di procedura di esecuzione passiva, invece, quando l’Autorità giudiziaria di uno Stato estero emette un mandato di arresto europeo nei confronti di un soggetto che si trova sul territorio italiano. In questo caso la Corte d’Appello dovrà verificare che il reato in questione rientri tra quelli per i quali è prevista la consegna obbligatoria ex art. 8 (nel caso in cui il reato non è considerato tale dalla Legge Italiana e si accerta che l’imputato non era a conoscenza della norma penale dello Stato emittente, non si procederà alla consegna dello stesso) poi lo Stato italiano procederà all’arresto.
L’azione può essere svolta in due modi diversi:
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