Nel sistema tributario italiano, l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi rappresenta un dovere fondamentale del contribuente, tanto sotto il profilo fiscale quanto sotto quello penale. L’omissione di tale adempimento può comportare gravi conseguenze sia in ambito amministrativo che, nei casi più rilevanti, anche penale. In questo articolo si analizzerà nel dettaglio cosa comporta l’omessa dichiarazione dei redditi, sanzioni comprese, con particolare attenzione alla disciplina vigente e agli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.
Ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. n. 600/1973, i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili devono presentare annualmente la dichiarazione dei redditi. L’omissione si verifica quando il contribuente non presenta la dichiarazione entro i termini stabiliti (ordinariamente il 30 novembre per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) e neppure nei 90 giorni successivi, termine oltre il quale la dichiarazione si considera definitivamente omessa.
Non è quindi sufficiente che la dichiarazione sia tardiva: solo oltre i 90 giorni di ritardo scatta la qualificazione di “omissione”, con tutte le implicazioni che ne conseguono.
Sul piano amministrativo, la normativa di riferimento è l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, che prevede per l’omessa dichiarazione dei redditi sanzioni pecuniarie comprese tra il 120% e il 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 Euro;
È importante sottolineare che, in presenza di ravvedimento operoso, per l’omessa dichiarazione dei redditi le sanzioni possono essere sensibilmente ridotte, ma solo se l’adempimento (ossia la presentazione tardiva della dichiarazione) interviene entro 90 giorni dalla scadenza originaria.
L’omessa dichiarazione dei redditi non comporta solo un illecito amministrativo, nei casi più gravi può integrare una vera e propria fattispecie di reato, disciplinata dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000.
Secondo tale norma, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta – pur essendovi obbligato – la dichiarazione annuale entro il termine previsto per legge, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni, a condizione che l’imposta evasa superi la soglia di 50.000 Euro.
Si tratta di un reato di mera omissione, che si perfeziona con il semplice mancato invio della dichiarazione, purché sia superato il limite quantitativo sopra indicato. Non è necessario provare ulteriori elementi soggettivi come l’intento fraudolento: la finalità evasiva è insita nell’assenza dell’adempimento dichiarativo.
La Corte di Cassazione ha chiarito in più occasioni che, per integrare il reato di omessa dichiarazione, è sufficiente la mancata presentazione dell’atto entro i termini previsti dalla normativa tributaria, superando i 90 giorni dalla scadenza naturale. In tal senso, si è affermato il principio secondo cui non è configurabile alcuna scriminante nel caso di meri disguidi tecnici o dimenticanze, se non assistiti da cause di forza maggiore o da uno stato di necessità documentabile.
Inoltre, è stato ribadito che il dolo del reato può essere anche generico: è sufficiente la consapevolezza e volontà del soggetto di non adempiere all’obbligo dichiarativo, senza necessità di ulteriori artifici o raggiri.
Il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione è, come per tutti i reati ordinari puniti con pena inferiore a sei anni, di otto anni, tenuto conto delle possibili sospensioni. Sul piano amministrativo, invece, l’attività accertativa dell’Agenzia delle Entrate può estendersi fino al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
In tal senso, la mancata dichiarazione mantiene rilevanza giuridica per un arco temporale molto ampio, esponendo il contribuente a controlli e accertamenti anche a distanza di molti anni.
Nel caso in cui la dichiarazione venga comunque presentata entro 90 giorni dalla scadenza, si parla di dichiarazione “tardiva”, che non integra gli estremi dell’omissione. In tal caso, è possibile accedere al ravvedimento operoso previsto dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997, che consente di sanare la violazione con il pagamento di una sanzione ridotta, proporzionata al tempo trascorso.
Nel caso in cui la soglia penale sia stata superata, la posizione del contribuente diventa più delicata, rendendo necessaria un’attenta valutazione difensiva e l’eventuale presentazione di memorie, istanze di archiviazione o richieste di patteggiamento nei confronti dell’autorità giudiziaria
La materia dell’omessa dichiarazione dei redditi, sanzioni correlate e conseguenze richiede una profonda conoscenza delle normative fiscali e penali, oltre a una puntuale analisi del singolo caso concreto. Errori nella gestione della difesa possono aggravare la posizione del contribuente, portando anche a conseguenze penali evitabili.
Per affrontare situazioni di questo tipo, è fondamentale rivolgersi a un avvocato penalista esperto in reati tributari, in grado di valutare tempestivamente la sussistenza del reato, la legittimità dell’azione dell’Agenzia delle Entrate o della Procura della Repubblica, nonché le migliori strategie difensive.
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Nell’omessa dichiarazione dei redditi le sanzioni possono essere piuttosto gravi, quindi non aspettare altro tempo, richiedi subito una consulenza allo Studio Legale Magnarelli.