L’espressione fatture false pena sintetizza un tema di estrema rilevanza per imprenditori, amministratori di società, consulenti e professionisti. Nel panorama dei reati tributari disciplinati dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, infatti, la condotta relativa all’emissione o all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, comunemente note come fatture false, assume particolare rilievo.
Si tratta di comportamenti gravemente lesivi per l’Erario, considerati non solo illeciti amministrativi, ma veri e propri reati punibili penalmente. In questo articolo analizzeremo cosa si intende per fatture false, la pena prevista dall’ordinamento italiano e in quali ipotesi scatta la responsabilità penale.
Le fatture false sono documenti contabili emessi o utilizzati al fine di creare una realtà economica fittizia. La legge distingue due tipologie principali:
La falsità può quindi riguardare sia il contenuto materiale della prestazione (che non esiste), sia l’identità dei soggetti coinvolti nell’operazione commerciale. L’emissione e l’utilizzo di tali documenti fittizi violano le regole fondamentali della fiscalità e sono sanzionati sia sul piano amministrativo che penale.
L’art. 8 del D.Lgs. 74/2000 prevede per il reato di fatture false la pena della reclusione da 4 a 8 anni:
“Chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.”
Si tratta di un reato di pericolo concreto, poiché è sufficiente che l’emissione sia finalizzata ad agevolare l’evasione fiscale altrui, anche se il vantaggio non si verifica effettivamente. È richiesto il dolo specifico, cioè la volontà di favorire un comportamento evasivo.
Il reato si consuma nel momento in cui la fattura falsa è emessa, a prescindere dal fatto che il terzo l’abbia effettivamente utilizzata.
Diversamente, l’art. 2 dello stesso decreto punisce l’utilizzo di fatture false nella redazione delle dichiarazioni fiscali. La pena prevista è:
La condotta consiste nell’inserire nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi, generando un illecito risparmio di imposta. Anche in questo caso, l’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico.
È bene sottolineare che il reato si configura solo se le fatture false sono utilizzate all’interno della dichiarazione dei redditi o IVA. L’emissione, invece, rileva anche se il documento non viene utilizzato.
La legge prevede alcune cause di non punibilità o attenuanti nei reati di emissione o utilizzo di fatture false. Il pagamento integrale del debito tributario prima del dibattimento può condurre alla non punibilità (art. 13 D.Lgs. 74/2000), mentre la collaborazione con l’autorità giudiziaria può costituire un’attenuante.
In certi casi, la condotta può essere ricondotta a un errore non doloso, ad esempio per affidamento incolpevole sul professionista fiscale. Tuttavia, il ravvedimento operoso non è idoneo a estinguere la responsabilità penale, se la dichiarazione è già stata presentata e il reato si è consumato.
Per i reati di cui agli articoli 2 e 8 del D.Lgs. 74/2000, il termine ordinario di prescrizione è di 8 anni, aumentabile fino a 10 anni in presenza di atti interruttivi. Ciò significa che, anche a distanza di molti anni, è possibile subire un procedimento penale per fatture false, con tutte le implicazioni che ne derivano sul piano patrimoniale e personale.
La creazione di fatture false rappresenta una delle forme più gravi di frode fiscale previste dalla legislazione italiana. Per l’utilizzo o l’emissione di fatture false la pena prevista è severa, e le conseguenze possono estendersi ben oltre l’ambito tributario, coinvolgendo la sfera penale individuale e, nei casi più complessi, la responsabilità degli enti.
In questi casi, è fondamentale affidarsi a un legale che possieda competenze specifiche in reati tributari, in grado di analizzare ogni aspetto del caso, individuare strategie difensive efficaci e gestire il rapporto con l’autorità giudiziaria.
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